Oggi accendiamo i riflettori su una delle ospiti del nostro evento ALP 2019: Maria Cristina Coccoluto, dottore in giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma, giornalista accreditata alle Istituzioni europee a Bruxelles e professore di italiano lingua straniera al Collège d’Europe di Bruges.
Con lei scopriremo quanto sia importante la conoscenza approfondita del linguaggio legale, un mondo tanto complesso e allo stesso tempo affascinante. Professionista dal 1992, ci svela i suoi sogni, ci racconta l’evoluzione della sua carriera e lo stretto e privilegiato rapporto che da anni la lega al mondo dell’interpretazione.
Cosa sognava di fare da bambina?
Sono passata dall’avvocato all’età di 10 anni alla giornalista sportiva a 15. Ero appassionata del linguaggio “colorito” del calcio e mi divertiva sentire i commenti dei ragazzini in autobus, andando a scuola, che dicevano, scandalizzati: “Una femmina che legge la Gazzetta dello sport…!!!”. Due professioni entrambe legate alle parola, scritta e orale, e alla mia lingua. Che sono felice di essere riuscita a far confluire nella mia vita professionale.
Quando è iniziata la sua carriera?
Direi a 18 anni, quando ho cominciato a collaborare con Radio Onda Blu Giornale, mensile della mia città, Sabaudia, che ho diretto quattro anni dopo, appena iscritta all’Albo dei Giornalisti. L’attività giornalistica e gli studi universitari sono stati fondamentali per lo sviluppo delle attitudini comunicative. L’amore per il diritto e il linguaggio giuridico ha completato l’opera.
Una lingua, per essere compresa a fondo, va necessariamente contestualizzata.
Cosa l'ha spinta a intraprendere la carriera da libero professionista?
Il desiderio di indipendenza che è proprio del mio carattere. Ma, soprattutto, la creatività che una libera professione ti consente di esprimere. Io ho bisogno di avviare sempre nuovi progetti, individuare percorsi inesplorati. E di farlo in autonomia, concretizzando le idee in maniera assolutamente personale. Sono convinta che questa sia la strada per il successo nel mondo del lavoro del presente e del futuro: distinguersi, inventare e inventarsi.
Quanto pensa sia importante il dialogo tra il traduttore / interprete e l’avvocato?
Rispondo con un aneddoto. Qualche settimana fa, al secondo incontro di un corso di italiano giuridico di 10 ore su skype, soggetto “Il processo civile”, Nora Rakki, interprete e traduttrice giurata francese, mi dice: “In Tribunale, ieri, gli avvocati italiani mi hanno fatto i complimenti poiché ho utilizzato le parole ‘decreto’ e ‘ordinanza’ con l’esatta accezione e corrispondenza alla mia lingua”. Sono convinta che ci si stia avviando a una sempre più fondata esigenza di collaborazione tra il traduttore/interprete e il giurista, che presto dovranno lavorare costantemente più fianco a fianco. E con vantaggio di entrambi!
Quanto pensa sia importante avere una formazione giuridica in italiano per un traduttore?
Da zero a 10, 11!!! Vale un po’ per tutti i professionisti, ma per gli interpreti e i traduttori ancor di più.
Sono convinta che questa sia la strada per il successo nel mondo del lavoro del presente e del futuro: distinguersi, inventare e inventarsi.
Quali sono le difficoltà maggiori riscontrate dai traduttori quando si parla di “legalese”?
Al di là della ricchezza del linguaggio giuridico italiano – che tanto riprende ancora dal latino e dalla ritualità e formalità del diritto romano – la grossa difficoltà è la ricerca della corrispondenza terminologica nella lingua obiettivo. Esempio: come tradurre in francese “incidente probatorio”? E i tre concetti di “residenza”, “domicilio” e “dimora” sono generalmente intesi e condivisi? Nel processo penale, a cosa corrispondono in un ordinamento straniero il “rito abbreviato” e il “patteggiamento”? Da qui l’esigenza sempre più preponderante della formazione e linguistica e giuridica, quest’ultima anche e soprattutto nella lingua principale.
Ha mai lavorato a contatto con un interprete/traduttore? Ha notato differenze rispetto alle nazionalità e al tipo di formazione?
Lavoro prevalentemente per la formazione degli interpreti e dei traduttori, soprattutto sull’italiano giuridico, ma anche sul contesto storico e politico, italiano ed europeo. Non mi sembra di notare differenze in relazione alla nazionalità. E’ invece il grado di formazione a fare la differenza. Chi conosce la storia, la cultura, il diritto del Paese di cui interpreta o traduce la lingua ha una marcia in più nella comprensione e nella conseguente utilizzazione di quanto appreso. Una lingua, per essere compresa a fondo, va necessariamente contestualizzata.
Avrebbe un consiglio da dare ai neofiti traduttori che si approcciano al “legalese”?
Seguire formazioni ben mirate, tecniche, meglio se personalizzate. Gli stranieri in questo sono maestri. E farsi venire tanti dubbi, accompagnati da relative approfondite verifiche.
L’attività giornalistica e gli studi universitari sono stati fondamentali per lo sviluppo delle attitudini comunicative. L’amore per il diritto e il linguaggio giuridico ha completato l’opera.
Vuole darci qualche anticipazione e/o curiosità sul suo intervento?
Illustrerò il lavoro svolto in questi anni nel contesto dell’Unione europea per valorizzare l’italiano come lingua straniera e lingua di lavoro. E parlerò del mio Lessico pratico di italiano giuridico per stranieri. Come è nel mio stile, raccontando storie e aneddoti.
Perché ha deciso di accettare l’invito e di partecipare attivamente ad ALP?
Vivo e lavoro all’estero e con stranieri da diversi anni, seppur nella mia lingua madre. Confrontarmi con studenti e professionisti italiani sul tema della traduzione e dell’interpretazione mi attrae molto. E’ per questo che non ho esitato ad accettare l’invito a prendere parte ad ALP!
Cosa si aspetta da ALP 2019 e dai partecipanti?
Mi auguro sia un proficuo scambio tra professionisti della “parola”, in vari settori, a cui poter trasmettere le esperienze personali per il reciproco miglioramento della propria attività e l’apertura di prospettive diverse, nuove, qualificate e qualificanti. Il tutto nell’obiettivo di continuare a consolidare e a far crescere l’interesse e l’utilizzazione della lingua italiana, in Europa e nel mondo.
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